La lotta dei sindaci del Mezzogiorno continua. Ieri mattina, a Napoli, la manifestazione di una parte dei circa 600 primi cittadini che hanno costituito la rete Recovery Sud per opporsi alla sottrazione di circa 60 miliardi del Recovery Fund spettanti alle regioni meridionali e che i governi, quello Conte e quello Draghi, in queste ore stanno dirottando al Nord.
Si sono incontrati senza badare alla distanza che li separava da Napoli, hanno percorso centinaia di chilometri – dalla Puglia, dalla Calabria, dal Molise, dalla Basilicata e perfino dalla Sicilia – per compattarsi ancora di più e delineare un fronte comune per sfruttare quella che potrebbe essere l’ultima possibilità per il Sud di colmare il tragico divario con il Nord. In caso contrario, è destinato a morire: negli ultimi 20 anni ben due milioni di meridionali sono andati via, spopolando una miriade di centri.
La prima azione compiuta dai sindaci del Sud all’indomani della manifestazione è l’invio di una lettera (di cui pubblichiamo il testo integrale) ad ogni singolo parlamentare invitando a dare voto sfavorevole, domani, al progetto che sarà presentato dal governo. Qualora dovesse passare, i primi cittadini – capeggiati da Davide Carlucci, sindaco di Acquaviva delle Fonti – sono pronti a recarsi a Roma, oltre a presentare ricorsi. Un’ingiustizia che stavolta non passerà come se nulla fosse.
“Egregio Senatore/Senatrice, Egregio Onorevole,
“Un gruppo nutrito di Sindaci, riuniti nella sigla “Recovery Sud”, ritiene che il Piano nazionale di ripresa e resilienza, così com’è stato impostato dal Governo, non rispetti le indicazioni dell’Unione Europea, che ha stanziato il Recovery Fund sulla base di tre fattori: la popolazione, la media della disoccupazione degli ultimi cinque anni e il basso Pil pro capite. Sulla base di questi criteri, la cifra che dovrebbe spettare al Mezzogiorno si aggirerebbe fra il 66 e il 68%. Altri si spingono fino al 70%”.
“Che non si tratti di calcoli avventati lo rivela il fatto che lo stesso Ministro del Mezzogiorno, Mara Carfagna, ha dichiarato in un comunicato che al Sud spetterebbe una cifra “superiore al 60%“. Noi primi cittadini, che ci ritroviamo spesso ad amministrare Comuni con scarsissime risorse, insufficienti a erogare servizi sociali per una domanda di protezione sempre crescente o a curare la manutenzione di chilometri e chilometri di strade rurali, non riusciamo a comprendere perché il Governo abbia scelto invece di limitare al 40% la quota destinata al Sud”.
“Tale decurtazione ci appare un grave torto alle nostre comunità, che in molti casi sono le stesse che La hanno eletta. Comunità che, come Lei sa bene, annoverano al loro interno aziende industriali, agricole, zootecniche e artigiane di grande qualità, nonché giovani, professionisti, operatori del turismo e della cultura che rappresentano già l’eccellenza e potrebbero essere ancora più performanti se avessero le stesse opportunità, in termini infrastrutturali, di altre regioni d’Italia e d’Europa. Per tale ragione, La invitiamo a manifestare il Suo libero dissenso dando parere sfavorevole in Aula al provvedimento”.
“Qualora, tuttavia, avesse ragioni per motivare un voto favorevole al provvedimento, Le saremmo grati che ce le indicasse. Diversamente, non riusciremmo a comprendere come Lei possa rendersi complice di tale grave ingiustizia, perpetrata non solo nei confronti del popolo meridionale ma dell’intera Nazione, che potrebbe trarre grande beneficio dall’emancipazione di un’area dal sottosviluppo in cui versa da ormai troppo tempo”.
“Confidando nella Sua sensibilità e nella sua fiducia nella Coesione nazionale, Le porgiamo i nostri più calorosi saluti”.
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