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Immagine del redattoreNew Acquaviva

LA RIVOLTA DI 135 SINDACI DEL SUD VA IN PARLAMENTO: «BASTA INGIUSTIZIE»



Dai «trasferimenti ancora troppo scarsi per servizi come gli asili nido» alla «distribuzione dei ristori Covid ripartiti in base alla ricchezza fiscale dei territori»; dal «ridotto turnover di docenti e ricercatori universitari alla riduzione dei posti letto negli ospedali»; dal «sempre più risicato numero di dipendenti nei Comuni alla spesa sociale procapite diseguale rispetto al Nord»; dalla «ridotta speranza di vita alla crescita continua del differenziale di reddito certificato dalla Banca d’Italia e dai più importanti istituti di statistica ed economici».

IL DOCUMENTO

Sono alcune delle “ingiustizie” che 135 sindaci dei Comuni del Sud Italia elencano nel documento, intitolato “Le proposte della Rete dei sindaci Recovery Sud”, che ieri è stato consegnato ufficialmente al presidente della I commissione Affari costituzionali della Camera, Giuseppe Brescia.

La rivolta dei sindaci del Sud non si ferma e arriva in Parlamento per un’iniziativa partita da due sindaci pugliesi, Davide Carlucci di Acquaviva delle Fonti e Raimondo Innamorato di Noicattaro, paesi entrambi in provincia di Bari.

Il coordinamento spontaneo chiede che vengano stoppate «le ingiustizie» ai danni del Sud, a partire dall’iniqua ripartizione dei vari fondi nazionali, da quello sanitario a quello per l’istruzione. La protesta nata in Puglia ha trovato la partecipazione di oltre 100 sindaci di piccoli Comuni del Sud, i più in sofferenza e più danneggiati; ora sono i primi cittadini a invocare una «risposta istituzionale alla grave crisi di rappresentanza del Sud».

Nel documento parlano di «una vera e propria ingiustizia che sarebbe sufficiente a giustificare una mobilitazione generale delle popolazioni dell’Italia meridionale per il riequilibrio territoriale del Paese».

Per questo i sindaci chiedono un confronto urgente al governo Draghi perché prenda in «seria considerazione una serie di proposte» per la distribuzione e la spesa del Recovery Fund, a partire dal varo di un South new deal, cioè un «piano straordinario di assunzioni che destini ai Comuni meridionali 5.000 giovani progettisti, con una corsia preferenziale per i cervelli in fuga, che dovrebbero aggiungersi ai 60mila dipendenti chiesti dall’Anci per colmare le carenze di organico di tutti i Comuni».

LE PROPOSTE

I primi cittadini ritengono del tutto «insufficiente la quota del 33% del piano europeo assegnata al Sud», e chiedono, inoltre, «l’attuazione immediata dei livelli essenziali delle prestazioni, l’adeguamento del sistema infrastrutturale a quello del resto del Paese (a cominciare dall’Alta velocità) e interventi per potenziare le aree produttive».


Si chiedono anche «interventi di edilizia sociale attraverso il recupero dei centri storici, piani di recupero delle acque reflue, un piano di adattamento ai cambiamenti climatici, azioni per il recupero di castelli e dimore storiche, deroghe per i Comuni in dissesto, l’eliminazione dei vincoli burocratici, interventi nelle aree interne e nei borghi autentici, l’introduzione capillare di linee di bus elettrici o a idrogeno, investimenti nella bike economy, la promozione dell’agricoltura sociale e dei terreni confiscati».

Nel documento consegnato ieri, la Rete dei sindaci porta a modello Monteverde, Comune irpino «caro al presidente del Consiglio Mario Draghi per le sue origini materne». Il borgo, di 700 abitanti, ha investito nel turismo accessibile ai portatori di handicap, dotandosi di attrezzature tecnologiche che consentano l’eliminazione delle barriere architettoniche nella fruizione degli spazi.

«Dobbiamo puntare su questo Mezzogiorno, virtuoso e innovatore», dice il sindaco di Acquaviva, Davide Carlucci, che insieme al primo cittadino di Noicattàro, Raimondo Innamorato, ha trasmesso la nota ufficialmente alla Camera dei deputati e allo stesso Draghi, confidando in «un incontro costruttivo per esaminare tutte le progettualità d’area che arrivano dai territori meridionali».



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