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Immagine del redattoreNew Acquaviva

Ivescovi chiedono una soluzione della crisi a favore dei poveri e incoraggiano la campagna vaccinale



“Il Paese, segnato dall’emergenza sanitaria e dalle sue drammatiche conseguenze sociali, e ora ulteriormente messo alla prova dall’attuale crisi politica”. Esprimono la preoccupazione degli italiani i vescovi del Consiglio permanente che in un comunicato descrivono la situazione del Paese come “un quadro in chiaroscuro, dove alla creatività e alla resilienza dell’intera comunità italiana fanno da contraltare l’incertezza del futuro, l’inquietudine per la mancanza o la perdita del lavoro, una crescita significativa del disagio psicologico, l’emergere delle nuove povertà che stanno stritolando famiglie e imprese”.


“Come pastori non possiamo chiudere gli occhi di fronte alle molteplici povertà: a quelle degli ultimi, che la pandemia ha reso in molti casi invisibili; a quelle di tanti che, per la prima volta, sono costretti a bussare alle porte delle Caritas, che in questi mesi hanno moltiplicato gli sforzi per non lasciare indietro nessuno; a quelle di un numero sempre crescente di famiglie e imprese strette nella morsa dell’usura a causa del sovraindebitamento; a quelle dei migranti che – nell’indifferenza e nel silenzio – continuano ad arrivare sulle nostre coste o sono bloccati sulla frontiera balcanica, al gelo e in condizioni disumane”.


“La paura non deve farci rinchiudere in noi stessi né impedirci di tendere la mano al prossimo, se si vuole costruire una società più equa e più solidale”, sottolinea la Cei, esprimendo “apprezzamento” per il Trattato delle Nazioni Unite sulla proibizione delle armi nucleari, sollecitato anche dall’appello che ha visto tra i firmatari il cardinale presidente Gualtiero Bassetti, mons. Giovanni Ricchiuti, arcivescovo di AltamuraGravina-Acquaviva delle Fonti e presidente di Pax Christi Italia, mons. Luigi Bettazzi, vescovo emerito di Ivrea e già presidente di Pax Christi International e di Pax Christi Italia. “La Chiesa – con lo stile dell’ospedale da campo – può e deve dare un contributo fondamentale al protagonismo dell’Italia”, si legge ancora nella nota.


I vescovi invocano “politiche familiari adeguate” e di “moltiplicare gli sforzi per continuare, nonostante le gravi difficoltà nelle quali le famiglie, gli insegnanti e i catechisti si trovano a operare, l’impegno educativo nei confronti delle nuove generazioni e per ricostruire al più presto condizioni e contesti che permettano esperienze formative integrali”. “Le nuove tecnologie sono di grande aiuto per tenere i contatti e per svolgere attività, ma non possono sostituire la ricchezza dell’incontro personale, della presenza”, il monito della Cei:


“Aumentano le difficoltà dei bambini e soprattutto degli adolescenti, a cui va riconosciuto di avere vissuto, nella maggioranza dei casi, questi mesi con grande responsabilità e senso civico”. “Non si può tuttavia nascondere – hanno osservato i vescovi – che sembrano crescere l’insofferenza dei giovani e la preoccupazione delle famiglie. I bambini, i ragazzi, i giovani e l’intera comunità hanno bisogno che le scuole, i centri educativi, le parrocchie, gli oratori possano tornare il prima possibile a svolgere la loro funzione di contesti di crescita. Non ci potrà essere un ritorno improvviso alle condizioni di prima, ma fin d’ora tutti, comunità civili ed ecclesiali, sono sollecitati a fare la propria parte, partendo da quello che questo tempo sta mettendo in evidenza”.


“Preoccupa nondimeno – sottolinea la nota – la questione educativa, da affrontare insieme e con il contributo di tutti per elaborare progetti che rinnovino e vitalizzino scuole, parrocchie, percorsi catechistici”. Sebbene “complesso”, questo – hanno sottolineato i vescovi durante i lavori – “non è un tempo sospeso, ma deve essere colto come un’opportunità. La riconciliazione diventa, allora, lo strumento da utilizzare per ricucire il tessuto sociale lacerato e per dare speranza alle donne e agli uomini di oggi”, come auspicato dal Papa nel 2015 a Firenze, in occasione del V Convegno ecclesiale nazionale.


Di qui la necessità di “mettere al bando ogni autoreferenzialità ecclesiale che impedisce di guardare l’altro con tratto materno e di lavorare in armonia per realizzare una comunione reale”, sulla scorta degli Orientamenti pastorali “Comunione e comunità” elaborati negli Anni Ottanta. Tra le priorità, il coinvolgimento dei laici, evidente anche nel Motu Proprio Spiritus Domini con cui il Papa ha istituzionalizzato l’accesso al lettorato e all’accolitato anche alle donne.


Non manca nel comunicato finale del Consiglio Permanente un appello per la Campagna Vaccinale. “Vaccinarsi non è solo un gesto di amore per se stessi, ma di attenzione e di cura verso gli altri, oltre che un atto di fiducia nella ricostruzione del sistema-Paese”, si legge nel documento diffuso oggi. “Insieme al triste impatto sulla salute delle persone, la pandemia ha aggredito tutti gli ambiti di vita, andando ad incidere in particolare sulle condizioni dei più vulnerabili, dei poveri, degli anziani, dei disabili e dei giovani, i grandi dimenticati di questa crisi”, fanno notare i vescovi, secondo i quali “a preoccupare è il calo demografico al quale si aggiunge un invecchiamento progressivo della popolazione e la desertificazione di alcuni territori”.


Nella nota, i vescovi annunciano di aver deciso di ripristinare, a partire da domenica 14 febbraio, “un gesto con il quale ci si scambia il dono della pace, invocato da Dio durante la celebrazione eucaristica”.


“La pandemia – spiega il comunicato finale del Cep – ha imposto alcune limitazioni alla prassi celebrativa al fine di assumere le misure precauzionali previste per il contenimento del contagio del virus”. “Non potendo prevedere i tempi necessari per una ripresa completa di tutti i gesti rituali – si annuncia nella nota – i vescovi hanno deciso di ripristinare, a partire da domenica 14 febbraio, un gesto con il quale ci si scambia il dono della pace, invocato da Dio durante la celebrazione eucaristica”.


“Non apparendo opportuno nel contesto liturgico sostituire la stretta di mano o l’abbraccio con il toccarsi con i gomiti, in questo tempo può essere sufficiente e più significativo guardarsi negli occhi e augurarsi il dono della pace, accompagnandolo con un semplice inchino del capo”, la proposta della Cei, a partire da domenica 14 febbraio. All’invito “Scambiatevi il dono della pace”, dunque, sarà possibile “volgere gli occhi per intercettare quelli del vicino e accennare un inchino”.


Questo gesto, per i vescovi, “può esprimere in modo eloquente, sicuro e sensibile, la ricerca del volto dell’altro, per accogliere e scambiare il dono della pace, fondamento di ogni fraternità. Là dove necessario, si potrà ribadire che non è possibile darsi la mano e che il guardarsi e prendere ‘contatto visivo’ con il proprio vicino, augurando: ‘La pace sia con te’, può essere un modo sobrio ed efficace per recuperare un gesto rituale”.

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