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Ospedale Miulli ad Acquaviva, stop ai pazienti lucani


Tarsia (TDM): “La Basilicata irresponsabile”

Inevitabili le ripercussioni sui lucani in cura al “Miulli” di Acquaviva delle Fonti dopo la decisione dell’ospedale ecclesiastico di bloccare dal prossimo 15 novembre i pazienti residenti al di fuori della regione Puglia.


Lo stop, precisano dal Miulli, riguarda “sia le prestazioni di ricovero che quelle di ‘day service’ e di specialistica ambulatoriale. Anche le prestazioni attualmente già prenotate non potranno, dunque, essere soddisfatte”. Per riattivare i servizi per i non pugliesi è stato superato il tetto di spesa: servono 1 milione e 300mila euro per i lucani e 700.000 euro per i calabresi.


Non usa mezzi termini la responsabile lucana del Tribunale dei diritti del malato, Maria Antonietta Tarsia: “La Regione Basilicata non riesce a sopperire alle richieste dei cittadini lucani e la gente giustamente va fuori regione. Ciò significa che ci sono quattrini della Basilicata che vanno in Puglia. Adesso la regione Puglia ha deciso di chiudere l’affluenza ai lucani e fa anche bene perché la Basilicata deve assumersi le proprie responsabilità. Sono degli irresponsabili di fronte alle patologie dei cittadini. Le attese non sono più tollerabili.

E alla domanda su chi viola maggiormente il diritto alla salute – la Puglia che chiude o la Basilicata che non offre servizi – la replica è secca: “La Basilicata”.


Mons. Laddaga: “Del nostro meglio per risolvere la situazione”.

«Siamo un ente ecclesiastico, non caritatevole». Monsignor Domenico Laddaga, già presidente dell’Associazione religiosa istituti socio sanitari Aris di Puglia e Basilicata, è delegato alla direzione dell’Ospedale dell’Ospedale Miulli di Acquaviva delle Fonti. Fa il punto sulla situazione dei rapporti di spesa con i territori vicini, con il tetto superato per i pazienti provenienti da Basilicata e Calabria e il prossimo blocco delle prestazioni.

«Se la Regione Puglia – spiega – non chiude nuovi accordi di confine con gli enti vicini, da lunedì non potremo più accettare pazienti provenienti da quelle zone, né per le prestazioni ambulatoriali e le terapie, né per i ricoveri. Sia la Basilicata che la Calabria devono trovare l’accordo con la nostra regione, abbassare i tetti di spesa di spesa con altri territori e innalzare quelli nei nostri confronti, altrimenti non ce la facciamo. C’è già un’interlocuzione. Abbiamo già speso un milioni di euro oltre il budget disposizione, il 50 per cento del quale è composto da spese vive».

Il rischio è quindi il blocco dell’accettazione di ingressi dai territori vicini, si pensi a chi dal materano (Matera dista soli 35 chilometri) si muove fino ad Acquaviva per sottoporsi alla radioterapia. Diversamente dovrebbe arrivare a Rionero in Vulture, ancora più distante. O chi ha necessità di essere ricoverato. Non potrà più essere accettato, tanto meno per le prestazioni di Day Service e di specialistica ambulatoriale. Non solo. Rischiano di saltare anche le prestazioni attualmente già prenotate che non potranno essere soddisfatte. Quelle verso pazienti provenienti dalla Basilicata e dalla Calabria rappresentano il 10 per cento del totale delle prestazioni dell’ospedale pugliese, vale a dire all’incirca 3 mila ricoveri, e quindi persone, e 10 mila attività ambulatoriali l’anno, per un valore di spesa di 15 milioni di euro in totale.

«Per riattivare i servizi sono necessari – spiega ancora Laddaga – 1 milione e 300 mila euro per i lucani e circa 700 mila euro peri calabresi, per un totale di 2 milioni e 300 mila euro. Se consideriamo che oltre un milione lo abbiamo già anticipato in quest’ultimo mese, con circa 500 mila euro di spese vive, arriviamo a oltre 3 milioni di euro». Un problema che, secondo la direzione del Miulli, si trascina da almeno cinque anni. Perché i parametri stabiliti per i tetti di spesa nella mobilità passiva con le due regioni interessate risalgono alla finanziaria del 2016 e quindi fotografano una situazione di bilancio dell’anno precedente. Radioterapia, chirurgia oncologica e cardiologia, terapia e chirurgia al pancreas e altre neoplasie addominali, elettrofisiologia e radioterapia, nonché ortopedia, sono le prestazioni più richieste dalla Basilicata e dalla Calabria.

«È un sistema – aggiunge Laddaga – che privilegialo sviluppo delle strutture del Nord e penalizza quelle meridionali. Nel frattempo il nostro ospedale è stato abilitato per la radioterapia che ha così incrementato le richieste soprattutto dalla Basilicata. Richieste che aumenteranno il prossimo anno perché siamo stati già autorizzati per la Pet che attiveremo nel 2022. Il tetto di spesa della Basilicata verso di noi è quindi fermo a 6 milioni di euro e quello della Calabria a 4. Il problema si risolve se con accordi di confine le rispettive Regioni danno la possibilità ai propri cittadini di usufruire delle nostre prestazioni, considerando che oramai con la stessa somma assicuriamo la stessa qualità, efficacia ed efficienza di regioni del Nord come Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna, spostandosi però in una struttura più vicina».


Il sindaco di Matera Bennardi rilancia il “Patto dei Sindaci” del Materano e sollecita la Regione Basilicata a destinare risorse al “Madonna delle Grazie”

La sospensione delle prestazioni nei confronti dei pazienti lucani da parte dell’ospedale Miulli di Acquaviva delle Fonti certifica, una volta per tutte, il fallimento della Sanità regionale in Basilicata e, in particolar modo, lo stato di abbandono nel quale viene lasciato ormai da anni l’ospedale Madonna delle Grazie.


La decisione comunicata dall’amministrazione della struttura sanitaria pugliese, a causa dello sforamento del budget fissato per le prestazioni in favore dei cittadini di fuori regione, attesta formalmente che la migrazione dei materani verso ospedali extraregionali ha assunto livelli ormai insostenibili; sancisce la sfiducia nei confronti della struttura del territorio dovuta alla fuga delle migliori professionalità e alla cronica carenza di servizi.


Al forte grido d’allarme lanciato da cittadini, associazioni, sindacati, istituzioni e sindaci la Regione Basilicata reagisce con totale inerzia e indifferenza, non curandosi delle gravi criticità che da anni si vanno acuendo. Un paradosso, se si pensa che l’ospedale Madonna delle Grazie, per la sua posizione geografica e per la viabilità di confine con la Puglia, possiede tutte le potenzialità e le caratteristiche per rappresentare un presidio di eccellenza, autonomo gestionalmente e organizzativamente.


Con i sindaci della provincia di Matera stiamo portando avanti un lavoro intenso, per il rilancio e la riorganizzazione degli ospedali: sarebbe ingiustificabile se anche la proposta della Conferenza dei Sindaci restasse ignorata lasciando che i cittadini lucani, per curarsi, siano ancora costretti ad andare in Puglia, in Lombardia, in Piemonte o nel Lazio.


Quello della sanità non può essere un tema sul quale dividersi per tattiche politiche o di campanile, lasciando che una parte della Basilicata sia tagliata fuori dalla destinazione di risorse e tenuta in considerazione solo per logiche politiche spartitorie.


Sento tutta la responsabilità di affrontare questo stato di fatto, affinchè all’ospedale Madonna delle Grazie sia restituita dignità da parte della Regione e fiducia da parte dei cittadini.


Al tempo stesso, chiederò ascolto ed un tavolo di confronto al presidente della Puglia, Michele Emiliano, per fare in modo che le prestazioni da parte del Miulli (sono tante quelle addirittura già prenotate sia per i ricoveri che per i Day Service e la Specialistica Ambulatoriale) siano accessibili ai cittadini lucani.


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