Facebook, WhatsApp e Instagram down in tutto il mondo. Un crollo planetario delle tre piattaforme social più diffuse tra gli utenti del web rimaste al buio dalle 17.30. L'ultimo disservizio che aveva interessato le tre app dell'ecosistema di Mark Zuckerberg risale allo scorso 19 marzo e quello ancora precedente al 3 luglio 2019. Il down di marzo scorso era durato 45 minuti. Nel caso del disservizio di oggi, gli utenti segnalano problemi di accesso alle app, ma anche di connessione al server e di caricamento dei contenuti.
Il blocco arriva nello stesso giorno in cui una talpa di Facebook, una ex dipendente, ha rivelato la negligenza del social nell'eliminare la violenza, la disinformazione e altri contenuti dannosi dalle sue piattaforme, uscendo allo scoperto rincarando la dose delle accuse. E la sua testimonianza martedì al Senato potrebbe essere dirompente.
«Facebook nella sua attuale forma è pericolosa, pone una minaccia alla democrazia», ha denunciato in alcune interviste l'ex product manager Frances Haugen, dopo essersi presentata nella popolare trasmissione 60 Minutes della Cbs News come la whistleblower dietro agli scoop del Wall Street Journal ' Facebook Files'. I due eventi contemporanei hanno provocato un crollo in borsa di ben 5 punti.
Facebook, WhatsApp e Instagram down: cosa succede
«Siamo consapevoli che alcune persone hanno problemi ad accedere alle nostre app e ai nostri prodotti. Stiamo lavorando per riportare le cose alla normalità il più rapidamente possibile e ci scusiamo per gli eventuali disagi»: lo scrive su Twitter, Andy Stone, manager della comunicazione di Facebook. Sullo stesso tenore l'intervento di WhatsApp: «Siamo consapevoli che alcune persone stanno riscontrando problemi con WhatsApp in questo momento. Stiamo lavorando per riportare le cose alla normalità e invieremo un aggiornamento qui il prima possibile. Grazie per la vostra pazienza!», si legge in un tweet.
Secondo Brian Krebs, giornalista investigativo americano esperto in cybercrime, citato su Twitter dal giornalista informatico Paolo Attivissimo, «i DNS registrati che dicono ai sistemi come trovare http://Facebook.com o http://Instagram.com sono stati ritirati questa mattina dalle tabelle di routing globali. Riesci a immaginare di lavorare in FB in questo momento, quando la tua email non funziona più e tutti i tuoi strumenti interni basati su FB falliscono? Per essere più precisi i percorsi BGP che servono il DNS di Facebook sono stati ritirati, rendendo inaccessibili tutti i domini di Facebook».
La talpa di Facebook accusa l'azienda
La fuga di notizie e la rivelazione pubblica della fonte rappresenta forse la crisi più grave nella storia della società di Mark Zuckerberg, dopo la maxi multa di 5 miliardi di dollari per aver violato le norme sulla privacy ai danni di milioni di utenti nella raccolta dati di Cambridge Analytica per alcune campagne elettorali, tra cui quella (vincente) di Donald Trump nel 2016. E rischia di deteriorare ulteriormente i rapporti della piattaforma non solo col pubblico ma anche con il Congresso, che da anni discute su come limitare lo strapotere e la crescente influenza di Big Tech.
Senza contare la minaccia di un'inchiesta da parte della Securities and Exchange Commission (Sec), l'equivalente della Consob italiana, mentre Fb è già sotto tiro in una storica indagine della Federal Trade Commission per abuso di posizione dominante. Le accuse della 37enne Haugen pesano come macigni, anche perché arrivano da una veterana del settore, che ha lavorato per Pinterest, Yelp e Google prima di dimettersi lo scorso maggio da Facebook, dove era arrivata due anni prima proprio per limitare la disinformazione elettorale.
La manager contesta alla società di anteporre il profitto e lo sviluppo alla sicurezza, ingannando il pubblico e gli investitori, tanto che ha presentato ben otto denunce alla Sec. «C'erano conflitti di interesse tra ciò che è buono per il pubblico e ciò che è buono per Facebook. E Facebook, ancora una volta, ha scelto di ottimizzare i suoi interessi, come il fare più soldi», ha denunciato.
Haugen ha anche svelato che il social ha rimosso le protezioni contro la disinformazione subito dopo le ultime elezioni Usa. «Non appena sono finite, hanno fatto marcia indietro per dare priorità alla crescita sulla sicurezza e questo mi sembra davvero un tradimento della democrazia», ha spiegato. Un'accusa che ha fatto capolino nell'inchiesta del Congresso sull'assalto a Capitol Hill, dove si indaga anche sul ruolo di Fb e ci si lamenta della sua scarsa collaborazione.
La compagnia di Zuckerberg - che oggi per diverse ore è andata in panne assieme a WhatsApp e Instagram - ha cercato di parare i colpi: «Ogni giorno i nostri team devono bilanciare la protezione della capacità di miliardi di persone di esprimere apertamente se stessi con la necessità di mantenere la nostra piattaforma un posto sicuro e positivo... Suggerire che incoraggiamo i cattivi contenuti e non facciamo nulla è semplicemente non vero», ha replicato un portavoce. Ma il Congresso si è già messo in moto e martedì Haugen verrà sentita al Senato. La lista delle accuse, basata su documenti interni pubblicati dal Wsj, è lunga e descrive come le regole della compagnia favoriscano le elite, come i suoi algoritmi contribuiscano a seminare discordia, come i cartelli della droga e dei trafficanti usino apertamente i suoi servizi. E come Instagram danneggi la salute mentale delle adolescenti aggravando la percezione del loro corpo.
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