di Anna Puricella
Chi ha paura della variante inglese? Rocco Saldutti è un pediatra, lo stesso che prima che scoppiasse la pandemia di Covid-19 accoglieva i suoi piccoli pazienti nello studio di Acquaviva delle Fonti, per leggere con loro Dante e Shakespeare.
Ora si trova a tranquillizzare i genitori di fronte alle paure scatenate dal virus sconosciuto che flagella il mondo. E all'arrivo della variante inglese in Puglia la situazione non sembra voler migliorare.
Dottore, ma la variante inglese è più pericolosa?
"Si comporta come il Covid tradizionale, non ha un tratto caratteristico. Il suo vero pericolo sta nella contagiosità. Mettiamo il caso che l'influenza infetta 1 persona e mezzo alla volta, che il Covid tradizionale ha capacità di infettare potenzialmente 4-5 persone: con la variante inglese si può arrivare a 7-8. La capacità di infettare è nella mutazione del virus, è la sua lotta alla sopravvivenza: se io gli blocco la porta di entrata con un vaccino, lui ci prova comunque, modificandosi. E dopo la variante inglese ci sarà quella sudafricana, poi magari arriverà pure quella di Bitritto. È nella storia dei virus, questo comportamento. Bisogna stare attenti, però, perché se cresce il numero degli infettati cresce quello dei sintomatici, e di conseguenza aumentano i ricoverati. È un effetto a catena, e il pericolo sta tutto qui: nel collasso degli ospedali e delle terapie intensive".
Pare che circoli molto fra i bambini, la variante inglese.
"E quale sarebbe la novità? Per l'influenza diciamo sempre che i bambini sono gli untori, coloro che se la cavano ma inconsapevolmente la diffondono. La dinamica è la stessa dell'influenza, dei bambini che mettono a letto i nonni. La differenza sta nella clinica, molto più attenuata nei bambini perché hanno meno ricettori, e assenza di altre malattie".
Ai genitori preoccupati cosa dice?
"Che se si stanno preoccupando per la salute dei bambini finora le cose non sono cambiate, se non nella propagazione del virus".
Come può una persona capire che ha contratto la variante inglese del Covid-19?
"I test antigenici non servono, per la variante inglese, perché il virus nel frattempo ha modificato le proteine spike. Succederebbe quindi che se uso un anticorpo vecchio per il tampone, che serve per cercare le spike, se quelle sono cambiate avrò esito negativo. Questo tipo di tampone andava bene nella fase iniziale di screening, ma adesso non serve più".
E gli altri tipi di test?
"Neanche i tamponi rapidi delle farmacie servono, perché anch'essi possono risultare vecchi. Il tampone molecolare va meglio, però bisogna sempre ricordare di non farlo nell'immediato, di aspettare qualche giorno. E comunque, il molecolare non dice se c'è la variante inglese".
Allora come si scopre?
"Bisogna fare il genoma. Un'indicazione del fatto che questa variante sta agendo è data dall'aumento della contagiosità. Per scoprirla serve una richiesta specifica del medico o del dipartimento di riferimento. Perché bisogna sequenziare il virus, compito del laboratorio di analisi, che vede se l'Rna c'è, e se c'è vede come è caratterizzato. Il segnale visibile dell'aumento dei casi indica che sta accadendo qualcosa di strano, perciò si procede a sequenziare il genoma, questione peraltro lunga e dispendiosa. Dovremmo fare un mese di lockdown e cercare di vaccinare tutti, questa sarebbe una possibilità. È quello che spero: vaccinare grandi e bambini, è l'arma più efficace. Il lockdown invocato non riguarda la pericolosità acclarata del virus, ma il collasso del sistema sanitario. Non è che chiudiamo per la variante inglese, è perché non ce la fanno gli ospedali e il sistema territoriale".
I vaccini funzionano anche con la variante inglese?
"Non sono un esperto, ma dai dati che abbiamo sembrerebbe che per ora siano efficaci, anche se non totalmente. Dovremmo comportarci come facciamo con l'influenza. Andremo a fare un vaccino per il Covid e uno per Covid e influenza, sarà il punto di riferimento nel controllo di questa malattia".
Vista la diffusione di questa variante fra i bambini, ritiene che sarebbe il caso di chiudere le scuole?
"Sarei per una chiusura selezionata, una specie di zona gialla o arancione, e se i numeri diventano importanti le scuole bisogna chiuderle e fare la Dad. Chiudere tutte le scuole sarebbe la soluzione più facile, ma arrivare a questo significherebbe che si è perso il controllo della situazione. Finché lo si ha, invece, è meglio procedere con chiusure selettive. I bambini hanno affrontato molto bene la prima fase, poi negli ultimi mesi alcuni hanno dato i numeri. Ho consigliato ai genitori che se i bimbi non ce la facevamo più, se mostravano cambi evidenti di carattere, se non dormivano o chiedevano di tornare nel letto della mamma, allora era opportuno mandarli a scuola. Bisogna fare delle scelte, però".
Discorso valido non solo per la scuola.
"Andremo avanti per due o tre anni, con questa situazione, mettiamoci l'anima in pace. Se non di dà la priorità a una delle due cose, salute o lavoro, continueremo a stare nel guado. Bisogna invece decidere e andare avanti, cercare di guardare più in là. La chiusura totale di tutte le attività può andare bene una volta, ma ora bisogna provare a limitare i danni, perché siamo sotto attacco e la guerra non è finita".
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