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Acquaviva, rende onore al Milite Ignoto con la cittadinanza onoraria



Oggi ho reso onore, a nome di tutta la città di Acquaviva, al Milite ignoto, al quale il Comune, in occasione del centenario della traslazione della salma all'Altare della Patria, ha concesso la cittadinanza onoraria. - Scrive il sindaco su Facebook-


Con questo gesto abbiamo voluto ricordare tutti i soldati che, ventenni o giù di lì, un secolo fa morirono nel massacro della prima guerra mondiale senza che fossero nemmeno riconosciuti i loro cadaveri. - Continua Carlucci-


Nella figura del Milite ignoto, oggi, possiamo vedere tanti volti che muoiono nell'anonimato: i migranti naufraghi nel Mediterraneo, come ha suggerito don Mimmo Giannuzzi, oppure le tante vittime del lavoro o, ancora, i tanti bambini e civili uccisi dai bombardamenti in Medio Oriente o le partigiane curde e gli altri guerriglieri che rivendicano libertà, uguaglianza e democrazia nei tanti luoghi del mondo dove "guerra" è ancora una parola attuale.


Nella nostra Costituzione, come hanno ricordato i ragazzi delle scuole acquavivesi durante la cerimonia, è scritto che "l'Italia ripudia la guerra". Ma fino a quando non avremo realizzato un'umanità capace di convivere in pace e fratellanza, senza odio né razzismo, questo "ripudio" non è un processo automatico ma passa, oltre che attraverso una cultura pacifista da diffondere a tutti i livelli, anche dall'azione e della presenza delle forze armate, che garantiscono alla nostra democrazia quella sicurezza indispensabile per non diventare "preda" di imperialismi, terrorismo e altre mire aggressive purtroppo ancora attuali.


Ma oggi siamo tornati con la memoria a cent'anni fa, alle lettere dal fronte, lette con meravigliosa partecipazione dagli studenti, del soldato Leandro Pecci, che raccontava di un mondo completamente diverso dal nostro, dove i nonni venivano definiti "santissimi" e la casa era una soglia da baciare perché un minimo di benessere era una grande conquista. Venivano da un'altra era, fatta di valori oggi perduti, quei ragazzi morti nell'anonimato, dopo settimane nel fango delle trincee in cui non potevano neppure cambiarsi, e dove vedevano i loro commilitoni cadere come mosche uno ad uno.


Non ha senso oggi dire se sono morti perché "carne da cannone", mandati al fronte da governi cinici che speculavano sulla grande povertà degli italiani, o se sono morti per un ideale in cui credevano. Forse per l'una e per l'altra ragione, la storia ha una direzione, che non può essere certo determinata dagli eventi bellici, ma non può essere mai tagliata a fette: non abbiamo il diritto di profanare i sentimenti di chi ci ha preceduto. Quanti di noi hanno avuto, come me, un nonno che ha fatto la prima guerra mondiale (il mio si portò una pallottola conficcata nella schiena fino al 1965)? Rispettiamo quella generazione, il loro senso del dovere e del sacrificio, valori che dovremmo anche un po' recuperare adattandosi ai tempi nostri, al nostro rapporto con i beni comuni o alle sfide che il pianeta ci pone.


Ringrazio per la loro presenza il colonnello Giovanni Ventura, del comando Brigata Pinerolo di Bari, il colonnello pilota Antonio Vergallo, comandante del 36mo Stormo caccia di Gioia del Colle, il tenente colonnello Donato Marasco, direttore del Sacrario di Bari "Caduti d'Oltremare", il maggiore Borrelli della Marina militare e tutti gli altri rappresentanti dei Carabinieri, Polizia locale, Croce rossa e altri corpi intervenuti. Un grazie di cuore anche a Overland Ovunque, alla vigilanza campestre, alla vigilanza La Fonte, al Centro per gli anziani e a tutti gli insegnanti e gli alunni del Primo e Secondo circolo.

Mi complimento con l'assessore Pasquale Cotrufo, con la consigliera Luciana Lattarulo e con il tenente Roberto Maiullari per l'organizzazione, a cui ha dato un grande contributo il colonnello Marasco. E sono riconoscente anche nei confronti di Cof Service per la lapide del Milite ignoto, di Radio Futura e del fiorista Angelo Smaldino per la corona.


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