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Acquaviva piange Enzo Guaricci scultore e scenografo al Petruzzelli


I suoi lavori esposti in rassegne artistiche in Italia e all'estero. Nell'agosto 2021 il Comune di Acquaviva aveva una sua opera permanente molto emblematica "Palla prigioniera"


Vulcanico e iperattivo, con uno slancio febbrile per il suo lavoro. Ma anche generoso e aperto agli altri, nell’attività professionale come nel privato. In tanti ricordano così Enzo Guaricci, lo scultore di Acquaviva delle Fonti, che si è spento a 77 anni. I funerali si svolgeranno oggi alle 15 nella cattedrale di Acquaviva.


Sulla scena dell’arte da molto tempo si era defilato, per problemi di salute, amorevolmente assistito dalla moglie Isetta.


Ci ha lasciato definitivamente l’artista fantasioso umile e generoso che ha segnato in modo personale i percorsi dell’arte in Puglia sin dagli anni ‘70. Ma già da molti anni abitava in un mondo tutto suo, nella casa di Acquaviva, la città dove era nato nel 1945 e dove ha sempre vissuto, dopo gli studi compiuti a Firenze e a Roma. L’ultima volta che credo di averlo incontrato è stata nel 2011, per l’ampia retrospettiva nel Palazzo Municipale, presentata da Valerio Dehò, uno dei non pochi critici che gli avevano dedicato attenzione in Italia. Incredibile, era la prima volta che vi esponeva, e sarebbe stata anche l’ultima, mi confidò, con un’aria di smarrimento che allora non compresi.


Propose allora un’ampia selezione delle opere che lo avevano reso popolare: oggetti di uso quotidiano ricreati in versione per così dire paleolitica: quasi fossero di pietra corrosa dai millenni. Ottenuti con tecnica segreta, una miscela di polvere di marmo e di resine, con procedure da calco mimetico, ma spesso in dimensioni fuori scala (di prammatica citare Oldenburg). Così dall’iperrealismo pop si trapassava allo spiazzamento surreale, e l’insorgenza del passato remoto sul presente delle apparizioni volgeva dalla meraviglia al divertimento all’imbarazzo. Dai palloncini di pietra volante amati dai bambini alla 500 che aveva portato addirittura ad Artissima a Torino, uova giganti che si schiudono e ruote e trottole enormi, ma anche le pagine dei giornali , di cui conservo la prima copia che mi donò, doveva essere all’inizio degli anni 80.


Ma il gioco era ben più complicato , anche per l’intervento di titoli che sono a loro volta calembour, giochi di parole che offrono chiave di lettura concettuale al primo impatto meravigliante. Fanno parte significativa della sua opera, e la consegnano ad una dimensione di concettuale ironia, senza snobismi, col senso di gioco ereditato da Pino Pascali.


Quella mostra nei saloni nobili di Palazzo De Mari durò poco, un paio di settimane. Mentre, scrissi - ci voleva tempo per approfondire il senso delle «trasmutazioni» di Guaricci.


Per accorgersi che le sue «provocazioni» si facevano più amarognole, implicano giudizi ed allarmi sulla condizione umana in generale e sul mondo d’oggi in particolare. Come l’euro «ovale, o non vale», e l’orologio con la pistola che «ammazza il tempo», e il corpo «accettato» cioè spaccato con l’accetta, e la lampadina osram destinata davvero a vero reperto archeologico che si ostina a mandare flebili intermittenze di luce.


Tra i calchi più «antichi» c’era uno spaccato di roccia della Murgia che sembrava nascondere lo sgocciolìo di una sorgente. Ma tra le faglie erano inserite, schiacciate, solo delle bottiglie di plastica. L’installazione si intitola «AcquaViva»: «Simbolo di oggi, reperto di ieri, frammento di domani» commentò Enzo, e la sua voce s’incrinò.


Di lui parlai ancora, nella corte dello stesso palazzo, dieci anni dopo: quando fu presentata nell’agosto del 2021 la sua grande Palla Prigioniera, destinata a restarvi in permanenza come presumo stia ancora. C’era la moglie Isetta, c’era il figlio, c’erano le autorità e la tanta gente che gli voleva bene. Ma Enzo stava altrove, ed ora lo immagino mentre gioca a palla felice, liberato dalle ultime catene.


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