ventimila euro nella carne erano un regalo che io e mia moglie volevamo fare a Mario Lerario e al fratello don Tommaso, cappellano dell'ospedale Miulli. Visto che stavano insieme per Natale, gli ho dato la carne e i soldi che se li sarebbero spesi come volevano».
Con questa giustificazione l'imprenditore di Noci Donato Mottola ha provato a spiegare ai magistrati il motivo per cui la sera del 22 dicembre ha consegnato un pacco con denaro e generi alimentari all'ex capo della Protezione civile regionale. Per la Procura si tratta di una mazzetta, versata in cambio di lavori affidati proprio da Lerario e che avevano portato alla Dmeco di Mottola guadagni per 8,2 milioni.
L'imprenditore (che dal 24 dicembre è agli arresti domiciliari per corruzione,come il collega Luca Leccese) ha fornito una spiegazione del tutto diversa, cercando di far passare quei ventimila euro come un regalo fatto «ai fratelli Lerario», dopo l'aiuto fornito nell'affrontare una questione di salute della moglie.
«Lei aveva un problema, la portavano per morta - ha ricostruito Mottola nell'interrogatorio del 4 gennaio - un professore del Miulli mi disse "ha quindici giorni di vita"»...; «Il fratello di Lerario non lo conoscevo, fino a quando sono andato alla Regione e ho detto "Non è che conosci qualcuno al Miulli?"
"Si, al Miulli sta mio fratello" e io sono andato e lui ha fatto delle telefonate...»; «Qualche settimana prima di Natale abbiamo fatto le ultime visite che riscontravano un netto miglioramento, sempre aiutati dal fratello di Lerario, eravamo felicissimi, ecco il motivo del regalo».
Che è stato consegnato la sera del 22 dicembre, dopo che l'imprenditore e il capo della Protezione civile effettuarono un sopralluogo per un lavoro a Terlizzi.
«Gli ho detto "dotto' questa la mette in frigo per Natale". Non ho detto che c'erano i soldi. Stavano in una scatola con un pezzo di carne da due chili e mezzo e una bottiglia di vino, che è quella dedicata a mia moglie».
La bottiglia è una limited edition - in soli 600 pezzi creata da Mottola e chiamata come la consorte, regalata a Lerario «perché lui è un intenditore di vini».
Sul motivo per cui insieme alle cibarie siano stati messi anche i contanti, l’imprenditore ha aggiunto: «Mia moglie ci teneva» sul commento amaro della donna intercettata dopo la consegna (al marito che diceva «ho dato la mazzetta e la manzetta», Rispondeva «e si, chist so' l'ov»), ha precisato:
«Eravamo contenti che gli avevamo dato un regalo ma ci aspettavamo almeno una telefonata di ringraziamento». Una telefonata di Lerario che però non è mai arrivata. Così come - ha fatto notare la giudice Anna Perrelli nell'interrogatorio - non è nemmeno arrivata la denuncia del tentativo di corruzione di un pubblico ufficiale.
Dopo la consegna del denaro, il dirigente regionale ha invece chiamato il fratello prete e gli ha preannunciato una visita per l'indomani
per andare a ritirare qualcosa.
Quella intercettazione è stata uno dei motivi per cui il 30 dicembre è stata fatta una perquisizione a casa di Tommaso Lerario, nel corso della quale è stato sequestrato l'estratto di un conto corrente intestato a Mario e a un altro uomo. Don Tommaso, da qualche settimana, non lavora più al Miulli e avrebbe chiesto di essere trasferito ad altra sede.
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